Opere di Stefano Levi Della Torre
Dal 27 settembre al 17 ottobre 2021 la Centrale dell’Acqua di Milano ha ospitato “Variazioni sull’acqua“, una mostra personale dedicata alle opere di Stefano Levi Della Torre. L’allestimento prevedeva l’esposizione di 55 dipinti e alcuni disegni. Il filo conduttore che accomuna questa selezione, distesa nel corso di vari decenni e realizzata con tecniche differenti, è l’acqua, elemento archetipico che viene raccontato dall’autore secondo punti di vista diversi.
Da qui la scelta di ospitare questa mostra presso la Centrale dell’Acqua di Milano, il museo d’impresa di MM, ente gestore del Servizio Idrico Integrato di Milano, nonché primo museo industriale italiano dedicato all’acqua pubblica, dove i multiformi blu delle acque dell’artista hanno dialogato con le significative tracce di archeologia industriale e di memoria del lavoro manuale custodite nella cornice della storica Centrale Cenisio.
La mostra: dove e quando visitarla
La mostra si è conclusa il 17 ottobre.
Per informazioni scrivere a cami@mmspa.eu.
Presentazione a cura dell'autore
“Piccola onda” l’ho dipinta pensando a quando mia madre mi portava in braccio nel mare e sentivo la sua saldezza che mi faceva sorvolare l’agitazione dell’acqua. Mi scorreva sotto quella piccola onda che mi pareva grande, una mobile lente per la luce del sole sul fondo sabbioso. Mia madre procedeva e non vacillava all’urto del mare, mi sentivo protetto, ormai pronto a lasciarmi affidare all’incessante movimento dell’acqua: una facile metafora di incoraggiamento alla vita.
Nell’occasione di questa mostra alla Centrale dell’Acqua, ho pensato di raccogliere immagini in tema, quadri di diversi periodi, che parlano dell’acqua in modi diversissimi, secondo la sua natura o il suo uso, direttamente o per allusione attraverso i resti dei suoi abitatori: animali marini; occhi ripetuti dei pesci; le teste dei merluzzi, feroci e vittime; il ritratto multiplo della grande conchiglia Strombus, che a seconda della posizione e della luce ora pare scabra e maschile ora rosata e femminile; le spiagge; l’acqua regimata delle irrigazioni; l’acqua addomesticata nei rubinetti o nelle lavatrici; l’inquietudine degli animali che pre-sentono il diluvio, l’acqua irrefrenabile del diluvio arcaico e dei diluvi attuali e annunciati.
Ho inteso rappresentare contrasti latenti: quello tra regola e caso, tra artificio e natura; l’ordine dell’inquadratura che contiene incontri fortuiti tra cose; le geometrie della composizione disturbate da un evento, dal gesto a sé stante del pennello e dalla materialità del colore; il variare della luce ma sulla permanenza delle forme. Non c’è bisogno dello straordinario per stupirsi. L’ordinario è più stupefacente perché è più segreto, acquattato sotto l’abitudine che rende passivi. L’abitudine nasconde l’espressività del mondo, e occorre scovarla.
Imitare le cose è la mia ambizione, perché le somiglianze e l ’evidenza stessa sono un enigma anche se fingono d’essere in sé stesse una spiegazione. Di questo enigma cerco di dire, guardando pittori d’ogni epoca che mi sono maestri.
Ai temi d’acqua ho aggiunto in questa mostra qualche quadro che riguarda gli strumenti pratici e mentali della pittura: pennelli, solventi, tavolozze, libri.
Stefano Levi Della Torre
17 settembre 2021
Sopravvivere alla modernità: la pittura di Stefano Levi Della Torre
La pittura di Stefano Levi Della Torre sembra sgorgare da correnti profonde, che le hanno evitato di prosciugarsi nel paesaggio devastato e arido della post-modernità. Non si fa problema ad essere figurativa e accessibile, chiara e armoniosa, esteticamente seducente, perché è sostenuta da una sapienza tecnica che impasta le tinte dell’impressionismo alla precisione manierista. Il gioco di luce di un panneggio che fuoriesce da una lavatrice, la precisa imprecisione dello sguardo animale, una vacca terrorizzata o l'occhio indecifrabile di un pesce. In Levi Della Torre troviamo in controluce ironica un «modernismo anti-moderno», una sorta di mondo dotato di (falsa) armonia, un gioco di riflessi e di inganni come di una realtà che resiste a svelarsi, celata dietro l’apparenza quotidiana delle cose.
Quelle che Levi Della Torre ci propone sono delle allegorie liriche e delicate, che usano le piccole cose di ogni giorno per mettere in luce gli ossimori, le inquietudini e le contraddizioni del mondo. Il pittore sembra ritrarre con naturalezza le cose più comuni, come gli si rivelassero diventando immagini: una conchiglia di mare, geometrica nella sua crescita a spirale e casuale nella superficie accidentata, una cassetta di pescato, che mette in ordine pesci di specie diverse agglomerati dalla cattura, un polpo appena acquistato, che ora ricade sul marmo in avvolgimenti fluidi e pesanti, una finestra socchiusa tra interno ed esterno, le librerie di casa che solo qua e là ricordano ancora un’intenzione iniziale di ordine ormai aggredito dal caso o, ancora, la bocca spalancata di una lavatrice, prosaica e spaventosa nello stesso tempo. Ma dietro questa apparente semplicità deittica si nascondono due cose niente affatto semplici: la conoscenza della percezione, e del suo tradursi in pittura, e una cognizione filosofica, metaforica e narrativa della realtà.
Consapevole del lascito contraddittorio delle avanguardie, il pittore sa che l’idea di una radicale separazione dal passato e dalla tradizione è fallace, perché la grande accelerazione che un tempo chiamavamo progresso non può avere, per il suo senso immanente, alcun termine. C’è sempre un progresso o un’avanguardia ulteriore da compiere dinanzi a chi c’è dentro; nessuno, neppure di fronte alla fine, arriva al fine, al culmine dell’innovazione, che è posto all’infinito.
Potremmo dire che Levi Della Torre è un pittore moderno che è sopravvissuto alla modernità, senza perdere l’innocenza dello sguardo. Un artista consapevole della crisi dell’arte contemporanea - l’allegoria ha bisogno di un repertorio comune di simboli ed esperienze, oggi più che mai disperso e frammentato - che insegue tuttavia con la caparbietà di un bambino quello stupore che ci accompagna dal momento in cui, migliaia di anni fa, il primo essere umano cominciò ad incidere disegni sulle pareti di una grotta. Rappresentare il mondo tramite la pittura è infondere nuova vita, è un rito magico che aggiunge nuovi esseri al paesaggio del mondo, non per renderlo più trasparente, ma semmai più profondo e misterioso.
Nella rappresentazione che propone Levi Della Torre la conoscenza è figlia della percezione soggettiva, che inquadra la realtà con uno sguardo partecipe e tutt'altro che disincantato: la pittura è ancora in grado di evocare un’aura di sospesa incredulità, come se si vedesse il mondo per la prima volta, che risveglia gli spiriti delle cose riuscendo, forse, ad ingraziarseli. Ma nel contempo è anche una rappresentazione concettuale, che apre in ogni immagine una fitta rete di relazioni tra ciò che è rappresentato (spesso un elemento di origine naturale) e la foresta di simboli e idee che sta dietro e davanti al quadro.
È nel tema della serie che questa consapevolezza si manifesta appieno, rivelando una volta di più una rilettura, profonda ed ironica insieme, della storia dell’arte. La serie di piccoli quadri sulla grande conchiglia Strombus ripercorre nell’intimità di una stanza le cangianti percezioni della Cattedrale di Rouen. Ma che dire delle lavatrici che divorano il bucato come Saturno i suoi figli? Un abbraccio che sembrerebbe impossibile tra il barocchismo dei panneggi, che rivela l’individualità indivisibile dell’elettrodomestico, e il barattolo Campbell, ad apparente confutazione della tesi di Walter Benjamin sull’opera d’arte nell’epoca della riproducibilità tecnica.
In questa simultaneità e ironia c’è forse un certo gusto post-moderno, ma Levi Della Torre mi sembra più un illuminista critico che un relativista nichilista. Mette in luce la contraddittorietà della modernità, senza volerla abiurare in toto. Potremmo dire che pragmaticamente ciò che mettono in discussione i suoi quadri è quella rappresentazione del mondo, purtroppo ancora così forte nel nostro universo cognitivo e filosofico, che oppone tra loro natura e cultura. Gli animali in cui ci rispecchiamo, il paesaggio ibrido della pianura, l’acqua che scorre e si raccoglie grazie all’opera dell’uomo, partecipando però a cicli naturali che la travalicano.
Con le armi del disegno e del colore Stefano Levi Della Torre lavora per “traduzione” sui confini porosi tra umano e non-umano. E qui risiede la sua inaspettata attualità. Come possiamo infatti sperare di affrontare le complesse sfide scientifiche e politiche che oggi ci attanagliano, e di cui ogni giorno di più comprendiamo la portata, dalla pandemia alla crisi climatica, se non riconosciamo la compenetrazione tra natura e cultura e la nostra profonda connessione con l’ecosistema di cui siamo parte?
E quindi non è solo nel filo rosso, anzi blu, dell’acqua e delle sue variazioni che bisogna ricercare le ragioni che hanno spinto la Centrale ad ospitare questa mostra, che propone una ricerca artistica portata avanti da Levi Della Torre parallelamente alla sua più nota attività di saggista e scrittore. L’auspicio è che, attraverso una selezione di dipinti ma anche di disegni e schizzi preparatori, i visitatori abbiano l'opportunità di accedere in esclusiva al suo laboratorio-studio, dove in una feconda promiscuità politecnica – in cui un museo d’impresa come il nostro si ritrova in pieno – non puoi mai dire dove finisce il dibattito sulle idee ed inizia la ricerca visiva e progettuale.
Francesco Memo
Biografia dell’artista
Stefano Levi Della Torre (Torino 1942) si è laureato in architettura al Politecnico di Milano, dove ha insegnato per diversi anni. È pittore e scrittore di saggi e libri di argomento ebraico, storico-politico, di critica d'arte e letteratura. Vive a Milano.
Tra le sue pubblicazioni: Mosaico, attualità e inattualità degli ebrei, Rosenberg e Sellier, Torino 1994; Essere fuori luogo, il dilemma ebraico tra diaspora e ritorno, Donzelli, Roma 1995 (Premio Pozzale- Luigi Russo 1995); Errare e perseverare, una polemica con le posizioni della Chiesa, Donzelli, Roma 2000; L’infinito e la siepe, metafisica e laicità in Giacomo Leopardi (con Gabriella Caramore) Morcelliano, Brescia 2003; Zone di turbolenza, intrecci somiglianze conflitti, Feltrinelli, Milano 2003; Democrazia, legge e coscienza (con Claudio Magris), Codice, Torino 2010; Il forno di Akhnai, una discussione talmudica sulla catastrofe” (con J, Bali e V. Franzinetti), Giuntina, Firenze 2010; Santificare la festa (con M. Donà), Il Mulino, Bologna 2010; Laicità, grazie a Dio, Einaudi, Torino 2012; Realismo di Dante, disegni e letture della Divina Commedia, Morcelliana, Brescia 2014; Dio, Bollati Boringhieri, Torino 2020.
Ha tenuto conferenze e lezioni in centri culturali e in diverse Università in Italia, corsi su Primo Levi, Giacomo Leopardi e Dante alla Facoltà di Italianistica dell’Università di Münster, e, nell'ambito del dialogo ebraico-cristiano, presso il centro valdese di Agape, l'associazione Biblia, i monasteri di Camaldoli e Montegiove (Fano), la Corsia dei Servi di Milano, la "Cattedra dei non credenti” promossa dall'Arcivescovo di Milano Card. Martini. Ha partecipato a diverse edizioni del Festival della Letteratura di Mantova.
Tra le principali mostre personali: Galleria L'Antenna, Bergamo ,1980; Galleria Documenta, Torino 1989; Galleria del Cenasco, Moncalieri (To); 1998; Spazio Arte, Fara Gera d'Adda (Bg) ,1998 ; 56 Gallery, Milano 2006; Duetart Gallery, Varese 2007; Casa natale di Raffaello, Urbino 2009; Comunità Ebraica di Casale Monferrato, 2011.